Nell’era informatica la sfida è restare lucidi, sapendo distinguere tra reale e virtuale.

La rete internet è un’immensa risorsa per il detective privato.
La rete internet è un’immensa risorsa per il detective privato.

Poveri noi (inteso come genere umano), dove andremo a finire. Sono sempre più numerose le persone, e quindi anche i clienti che si rivolgono alla mia Agenzia Investigativa, incapaci di distinguere tra la realtà vera e quella virtuale di internet.

Recentemente una signora è venuta in Agenzia Investigativa per ottenere le prove che il marito, inadempiente da anni per quanto riguarda l’assegno divorzile, avesse trovato un buon lavoro e nuotasse nell’oro. Quando le ho comunicato che purtroppo non risultavano posizioni lavorative ufficiali e le mostrai un video dove il poveretto svolgeva saltuari lavori di facchinaggio pagati per di più in nero, la cliente mi ha mostrato stizzita un suo profilo pubblico in internet, dove l’ex-marito millantava occupazioni e professionalità inesistenti; ho faticato a far capire alla donna che su un profilo personale, che si tratti di Facebook o di Linkedin o qualunque altro social, chiunque può scrivere qualsiasi falsità, spacciandola per vera.

Sempre più coniugi si rivolgono alla mia Agenzia Investigativa per un controllo d’infedeltà matrimoniale, chiedendomi non già di seguire la dolce metà quando esce di casa, ma piuttosto quando entra nei social.

Questo declino verso l’eccesso di virtuale è stato registrato anche dalla giurisprudenza con sentenze che sanzionano tradimenti virtuali e permettono (a certe condizioni) di smascherarli “frugando” nei devices degli adulteri.

Durante più d’una indagine d’infedeltà matrimoniale la mia Agenzia Investigativa ha scoperto relazioni adultere completamente virtuali. Tra queste, la più triste, quella di un marito che rientrava tardi dal lavoro, non per intrattenersi tra le lenzuola dell’amante, ma per chattare con lei, fermo in auto a bordo strada.

Anche nelle indagini aziendali è pericoloso affidarsi troppo a internet. Esiste ormai una sindrome esibizionistica del proprio curriculum lavorativo, che porta i più fragili di mente a ostentare esperienza, attestati e riconoscimenti sino ad inventarseli. E qui interviene il fine lavoro dell’Agenzia Investigativa in grado di verificare uno ad uno ciascun “trofeo” pubblicato, non con altre ricerche in internet, ma piuttosto con più concrete interviste a persone informate.

Se da un lato la rete è una trappola per i più deboli, dall’altro lato resta un’immensa risorsa per qualsiasi investigatore privato: debitori cronici, cui scappa un selfie con, sullo sfondo, la targa dell’auto appena comperata. Bracconieri che non riescono a rinunciare ad esibire i loro turpi trofei, dimenticandosi, anche in questo caso, degli automezzi parcheggiati sullo sfondo. Delinquenti che filmano i loro crimini e si riprendono riflessi nelle vetrate dei negozi o nei finestrini delle auto parcheggiate. Infedeli seriali che dimenticano accesa la localizzazione del loro smartphone mentre sono dall’amante. Assenteisti finti ammalati che, evitano furbescamente di postare l’escursione in alta montagna nel periodo di malattia, ma vengono taggati con la picozza in mano dal solito amico social-dipendente.