Per un’agenzia investigativa, che si occupa di violenza domestica e di genere, l’indifferenza è all’ordine del giorno.

Violenza domestica e di genere si nutrono di indifferenza.
Violenza domestica e di genere si nutrono di indifferenza.

La triste vicenda della ragazzina tredicenne stuprata per anni a Melito Porto Salvo, piccolo centro della provincia jonica reggina, rafforza la mia convinzione, che mi sono fatto in decenni come titolare d’agenzia investigativa, che la stragrande maggioranza degli umani sono colposamente schiavi della legge cavernicola del più forte. Alcuni l’assecondano con malvagità come Davide Schimizzi (il tizio che la ragazzina credeva il suo fidanzato, ma lui l’ha “ceduta al gruppo”), Giovanni Iamonte (figlio del boss Remingo, che per anni ha abusato della tredicenne scegliendo a chi “prestarla”), Michele Nucera, Antonio Virduci, Lorenzo Tripodi, Domenico Mario Pitasi e gli altri di Melito assolti grazie a varie scappatoie giudiziarie.

         Poi c’è la massa silenziosa che non sa proteggere sé stessa, figuriamoci la propria compaesana (non voglio neanche considerare i trogloditi che, pur essendo estranei alle violenze, hanno addebitato una qualche responsabilità alla bambina). Tra la massa silenziosa si nascondono gli indifferenti, i paurosi, i distratti e una grande varietà di eticamente assenti, anzi: assenteisti, che non hanno capito quanto sia grave la loro inerzia, ma soprattutto quanto possano diventare temibili e utili se uniti. Un detective di un’agenzia investigativa o dello Stato, che si occupa di violenza domestica e di genere, deve affrontare costantemente questa indifferenza.

Quindi ci sono quelli che stanno in una sorta di terra di mezzo e non si sottraggono alla legge del più forte, ma tentano di combatterla, pur assoggettandosi ad essa e facendo ricorso alla violenza, se necessario. Questi potrebbero essere paragonati alla cura d’urto, tra essi mi riconosco anche io in qualità di titolare d’agenzia investigativa che si occupa di violenza domestica e di genere.

Ma i veri eroi contro la legge del più forte sono coloro che la combattono solamente con le idee, capaci di esporsi pacificamente alle violenze pur di contrastarle. Potenzialmente avrebbero potuto essere, ne sono convinto, la stragrande maggioranza dei melitesi. ma qualcosa è andato storto e non hanno saputo esprimere la loro solidarietà. È facile criticarli quando sei al sicuro o se appartieni alla terra di mezzo, tra violenza e non violenza: armato sino ai denti e abituato a usare la forza.

È un po’ come quando do suggerimenti alle clienti della mia agenzia investigativa per sottrarsi alle violenze: alcune imparano in fretta; mentre altre, pur essendo questione di vita o di morte, non riescono ad entrare nella mentalità giusta e preferiscono ignorare il pericolo anziché affrontarlo.