Silvia Romano è stata liberata.

Silvia Romano è salva. Ed è questo che conta.
Silvia Romano è salva. Ed è questo che conta.

Silvia Romano, la cooperante internazionale rapita in Kenya il 20 novembre 2018, è stata finalmente riportata in patria dopo 18 mesi di prigionia.

La ragazza era andata in Kenya come educatrice dei bambini del villaggio di Chakama, nella contea di Kilifi, e sembra che proprio un’abitante del villaggio l’abbia segnalata per il rapimento al gruppo di jihadisti somali di al-Shabaab. Silvia è stata rapita e tenuta prigioniera in Somalia sino al pagamento di un riscatto che sembra essere stato di circa 4 milioni di euro.

L’operazione di recupero è stata portata a termine da nostri funzionari dell’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), cioè i Servizi segreti italiani che lavorano all’estero insieme ai Servizi segreti turchi e le Autorità locali o quel che ne resta, dopo oltre trent’anni di guerra civile.

         Dal suo ritorno Silvia Romano è perseguitata dalla rabbia idiota degli haters sui social e aspramente criticata da molte insospettabili (sino ad oggi) teste vuote.

         L’accusa più stupida e superficiale in assoluto riguarda il suo abbigliamento, come se, una volta liberata, sarebbe stato facile passare in boutique a rendersi presentabili al mondo occidentale. Occupandomi da oltre trent’anni con la mia agenzia investigativa Octopus di localizzazione ed esfiltrazioni di bambini sottratti da uno dei due genitori o del rintraccio di rampolli scapestrati sfuggiti al controllo familiare, vi assicuro che l’abbigliamento è l’ultima delle preoccupazioni, se non fa parte di un camuffamento necessario al buon esito dell’operazione.

         Anche se l’abbigliamento fosse stata una precisa scelta della Romano, quando recuperi una persona in quelle condizioni (ma anche meno, come capita a un semplice titolare di agenzia investigativa) hai la sensazione che l’esfiltrato ti si potrebbe sbriciolare tra le mani da un momento all’altro e cerchi di evitare qualsiasi cambiamento, affrontando gradualmente solo quelli necessari. Ricordo di aver recitato insieme a vittime recuperate da sette religiose le preghiere che esse stesse avevano imparato in tanti anni di isolamento e abusi psicologici, pur di rassicurarle.

         Un’altra osservazione da minus habens riguarda il sorriso di Silvia, come se la povera ragazza non avesse diritto di sorridere per essere stata finalmente liberata, per la gioia di vedere i genitori o anche solamente per celare il proprio nervosismo. Alcuni esfiltrati dalla mia agenzia investigativa hanno riso continuamente, altri hanno pianto come fontane durante tutto il viaggio di rientro, altri ancora sono passati dal pianto al riso e viceversa in modo così rapido e continuo da sembrare falsi.

         Quanto alla sua conversione all’Islam, l’affermazione in assoluto più stupida è stata quella secondo cui non si è mai visto un ebreo tornare nazista dai campi di sterminio. Forse ci siamo dimenticati dei Kapò e di altre forme di “conversione” alla causa nazista da parte di ebrei particolarmente fragili o abbietti?

         I criticoni più pragmatici si lamentano della cifra sborsata, ma spesso pagare è il minore dei mali; pensate a un’esfiltrazione basata sulla forza (all’americana): potrebbe essere conveniente per le tasche e per la reputazione, ma se qualcosa va storto significa mettere a repentaglio la vita di nostri militari, degli abitanti del villaggio somalo già provati da anni di occupazione islamica e della stessa Silvia Romano.

In passato la mia agenzia investigativa si è occupata di riscattare ragazze vittime del racket della prostituzione: è sempre amaro pagare certi criminali, ma, non potendo ucciderli tutti, voi cosa fareste? Abbandonereste la schiava al suo destino?

         Quanto al tanto paventato reinvestimento della cifra in armi per futuri attentati terroristici… suvvia non siate ridicoli nel considerare altamente pericolosi i loro prossimi acquisti, con quella cifra non si possono permettere neppure le eliche di un elicottero AH-64 Apache.

         L’unico aspetto penoso di tutta la vicenda è la corsa al merito e la passerella dei nostri politici incapaci al rientro della frastornata Silvia Romano. Come titolare di un’agenzia investigativa, che si occupa di operazioni all’estero, ci sono abituato e so che la loro corsa al merito è direttamente proporzionale alla loro indolenza. Come scrissi in un mio libro sul rintraccio delle persone scomparse “…in un’altra missione all’estero fui snobbato dalle autorità italiane in rappresentanza sul posto, sino a quando il portiere dell’albergo in cui alloggiavo mi presentò un suo parente stretto, capo della polizia locale. Nel momento in cui diplomatici e rappresentanti Interpol compresero che avrebbero potuto essere surclassati da un investigatore ammanicato sul posto si precipitarono a fare tutto ciò che sino ad allora avevano rimandato.