Chico Forti è finalmente libero. Rimane il problema della malagiustizia in Florida.

Il sistema giudiziario della Florida, oltre che rifondere i danni a Chico Forti per l’ingiusta detenzione, deve fare feroce autocritica e riformare se stesso
Il sistema giudiziario della Florida, oltre che rifondere i danni a Chico Forti per l’ingiusta detenzione, deve fare feroce autocritica e riformare se stesso

Chico Forti è finalmente libero, anche se il suo affrancarsi (finalmente) dalla grottesca ingiustizia floridiana sembra più una fine pena che una liberazione. Ci sono voluti 20 anni ai nostri politici per reclamare indietro il loro cittadino innocente, che sulla base del nulla stava scontando un ergastolo per l’omicidio di Dale Pike.

Quando ero un giovane titolare di agenzia investigativa, parlavo con ammirazione del sistema giudiziario statunitense, riempendomi la bocca con termini come “Diritti dell’Imputato, “Due Process of Law”, “Parità tra Accusa e Difesa” e “Beyond Reasonable Doubt”. Poi con la mia agenzia investigativa Octopus ho incominciato a occuparmi d’indagini criminali su delitti avvenuti all’estero in generale e negli Stati Uniti d’America in particolare, ove le vittime o i presunti colpevoli erano miei connazionali.

Uno dei primi casi di cui l’ agenzia investigativa Octopus si occupò, riguardava un incendio doloso con emigrato italiano già condannato dall’opinione pubblica come “piromane mafioso” prima d’essere processato. Fortunatamente la linea accusatoria del Prosecutor, oltre ad essere piena di falle, era molto fantasiosa e descriveva il presunto colpevole, un uomo al limite dell’invalidità, come avesse avuto l’agilità dell’Uomo Ragno per commettere il delitto. Fu prosciolto nonostante una resistenza testarda che ti aspetteresti più dalla nostra magistratura dei primi del novecento che da un moderno tribunale americano.

In un altro caso di malagiustizia floridiana, di cui si è occupata la mia agenzia investigativa, si tentava di archiviare come suicidio la morte di un nostro connazionale attinto da più proiettili di pistola a distanza ravvicinata. Era chiaro che fosse una rapina finita male, ma anche quando riuscii a identificare il colpevole (seppur evitando di sbugiardare pubblicamente il Prosecutor e la Polizia) le Autorità del posto continuarono a considerarmi una fastidiosa interferenza nella loro giustizia.

Nel caso della rapina andata male spacciata per suicidio, pensai di aver visto l’acume investigativo e la malagiustizia statunitensi toccare il fondo, ma recentemente ho saputo di un altro caso, sempre in Florida: una vittima accoltellata ripetutamente alla schiena sull’uscio di casa, che la polizia ha tentato di archiviare caparbiamente come suicidio nonostante evidenze scientifico-forensi contrarie.

A parte questi esempi di inettitudine e menefreghismo giudiziari, ho assistito a molte altre inefficienze, talmente grossolane da rendermi orgoglioso d’essere italiano. Recentemente mi sono occupato di un omicidio irrisolto di un mio connazionale, il cui unico “detective” assegnato al caso era disponibile solamente dopo le ore quattordici perché prima era impegnato a dirigere il traffico! E vi risparmio l’approccio investigativo di questo “ghisa-detective” esotico.

Molti poliziotti statunitensi spiegano le loro inefficienze col numero impressionante di delitti su cui indagare, ma un mio amico, ex-poliziotto e titolare di agenzia investigativa in Florida, mi spiegò, più onestamente, che tanta indolenza è dovuta al fatto che quasi tutti i poliziotti in Florida hanno anche un secondo lavoro (consentito dalla legge) come detective privati, pertanto sono spesso distratti dal dovere di “proteggere e servire”.

Penso che dopo la liberazione dello sfortunato Chico Forti il sistema giudiziario della Florida, oltre che rifondere i danni al nostro connazionale per l’ingiusta detenzione, debba fare feroce autocritica e riformare sé stesso.