L’aborto negli USA è la riprova che la migliore impostazione dell’apparato giudiziario americano rispetto a quello italiano è una bufala.

Com’è stato possibile affidare una decisione tanto delicata a questa gente della Suprema Corte?
Com’è stato possibile affidare una decisione tanto delicata a questa gente della Suprema Corte?

Quando ero un giovane detective privato collaboratore, che lavorava per alcune agenzie investigative di Milano, già mi scontravo con la malagiustizia italiana e spesso sentivo dire quanto fossero migliori gli Stati Uniti d’America sotto il profilo legislativo e giudiziario. Poi ho aperto la mia prima agenzia investigativa Octopus a Bergamo e ho iniziato ad occuparmi di indagini internazionali anche negli USA: la perfezione o, quanto meno, la migliore impostazione dell’apparato giudiziario americano rispetto a quello italiano è una bufala. Lo testimoniano decine di casi, tra cui il più emblematico è la vicenda di Chico Forti.

          Ancora oggi, che ho aperto la mia seconda agenzia investigativa Octopus di Milano e tratto numerosi casi internazionali di italiani finiti nei guai all’estero, mi scontro con leggi statunitensi demenziali e incappo in loro rappresentanti persino peggiori di chi ha legiferato. A peggiorare le cose è il puritanesimo becero e retrogrado che ammorba alcuni Stati; per non parlare del razzismo rimasto in molte zone integro sotto il tappeto del politically correct, come la polvere di chi non ha mai voluto fare pulizia. Specialmente in materia di sesso e droga ci sono leggi statunitensi talmente stupide da sembrare prese in giro.

          Uno di questi provvedimenti tragicomici è stato adottato in numerosi Stati degli USA a seguito del pronunciamento della Corte Suprema che ha abolito la storica sentenza Roe V. Wade del 1973, la quale aveva sancito a livello federale il diritto ad abortire. Sei membri della Corte Suprema su nove, evidentemente scollati dalla realtà e incapaci di prevedere le conseguenze delle loro decisioni, hanno riportato l’America indietro di cinquant’anni. Di conseguenza una quindicina di Stati americani ugualmente retrogradi hanno reso inderogabilmente illegale l’aborto, rendendo la vita un inferno a donne incinte perché stuprate o la cui maternità potrebbe risultare fatale o perché vittime di molte altre drammatiche situazioni che evidentemente i cervelloni della Corte Suprema e i loro accoliti locali sparsi per gli States non sono in grado neppure di immaginare.

          Proprio mentre sto scrivendo questo “pezzo” arriva puntuale la conferma di come i governatori dei singoli stati americani abbiano sempre avuto bisogno, sin dai tempi dell’apartheid e prima ancora sin dalla Guerra di Secessione, di redini e frusta federali per mantenere la rotta giusta: una bambina di dieci anni in Ohio è stata stuprata da tale Gerson Fuentes; essendo rimasta incinta, è stata costretta a recarsi nel vicino Stato dell’Indiana per abortire.

          Da titolare dell’agenzia investigativa Octopus che si occupa dal 1988 di tutela della famiglia, spesso i clienti dell’agenzia investigativa mi affidano casi di minorenni divenute madri prematuramente o di donne adulte che si rivelano madri incapaci: in nessuno di questi casi mi è capitato di immaginare un possibile miglioramento della situazione in presenza di leggi restrittive sull’aborto. A parte casi estremi di donne completamente anaffettive e molto egoiste (che in genere se ne sbattono della legge e trovano il modo per aggirarla), non mi sono mai capitate donne che abbiano preso alla leggera l’aborto della loro creaturina. Ho piuttosto assistito a situazioni in cui sarebbe stato possibile evitare l’aborto o tragedie connesse dando sufficiente sostegno economico, medico e psicologico alla sfortunata puerpera.