Matteo Messina Denaro, latitante da trent’anni, è stato arrestato. Meglio tardi che mai.

Spesso la povera gente deve convivere col mafioso per non essere uccisa e persino le Forze dell’Ordine vivono il tessuto sociale come un organo trapiantato in costante rischio di rigetto.
Spesso la povera gente deve convivere col mafioso per non essere uccisa e persino le Forze dell’Ordine vivono il tessuto sociale come un organo trapiantato in costante rischio di rigetto.

          Matteo Messina Denaro, latitante da trent’anni, è stato arrestato a Palermo dai Carabinieri del ROS mentre era nella Clinica privata La Maddalena per ricevere cure chemioterapiche sotto il falso nome di Andrea Bonafede. Era stato già operato a Marsala per un tumore al colon e presso la clinica di Palermo si stava facendo curare una metastasi al fegato.

          Matteo Messina Denaro, Totò Rina, Bernardo Provenzano… le Forze dell’Ordine e i Magistrati li chiamano arresti di pericolosi latitanti, a me, fatto salvo l’alto significato simbolico, sembrano più che altro pensionamenti di sanguinari criminali stufi di delinquere.

          Qualsiasi investigatore privato della mia agenzia Investigazioni Octopus sa che nelle indagini il tempismo è tutto, ma non mi sembra tempestivo l’arresto del superlatitante. Perfino le indagini di un qualsiasi investigatore privato per infedeltà matrimoniale richiedono un minimo di tempismo. Mutatis mutandis la conferenza stampa per l’arresto di Matteo Messina Denaro è come se io, da investigatore privato, andassi da una cliente rivoltasi alla mia prima agenzia investigativa Octopus di Bergamo e le comunicassi trionfante di aver finalmente capito come il coniuge l’ha tradiva negli anni ’90.

          D’accordo, non c’è paragone tra le indagini che devono affrontare i ROS e quelle di un investigatore privato titolare di un’agenzia investigativa a Milano. Però, non sono nemmeno paragonabili i potenti mezzi a disposizione dello Stato rispetto a quelli di un detective privato.

          La cosa che lascia l’amaro in bocca di questi arresti-pensionamenti è che Matteo Messina Denaro non ha dovuto neppure lasciare la propria terra per rendersi irreperibile in tutti questi anni. Ciò, oltre a gettare un’ombra su efficienza e professionalità delle Forze dell’Ordine, la dice lunga su quanto la nostra bella Trinacria (e altrettanto belle regioni limitrofe) siano ancora da de-mafizzare. E non mi riferisco alla popolazione lasciata a sé stessa dallo Stato centrale e dalle Amministrazioni locali, ma ai politici e a tutti quelli che, pur avendone il potere, non combattono seriamente le mafie.

          Spesso la povera gente deve convivere col mafioso per non essere uccisa. Eppure negli anni ho sentito più di un magistrato, superprotetto da scorte armate e blindate, considerare mafioso anche chi non denuncia per sopravvivenza. Persino le Forze dell’Ordine agiscono sul territorio e nel tessuto sociale di certe zone d’Italia come un organo trapiantato in costante rischio di rigetto. Ci vorrebbero più magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che riuscivano a comprendere la complessità del fenomeno mafioso e a combatterlo senza danni collaterali alla popolazione innocente coinvolta.