Kobe Bryant è sicuramente rimasto deluso da molti suoi fans.

I casi di violenza sessuale sono tra i più impegnativi per un’agenzia investigativa.
I casi di violenza sessuale sono tra i più impegnativi per un’agenzia investigativa.

Kobe Bryant è morto il 26 gennaio 2020 insieme a sua figlia Gianna in un incidente di elicottero e la giornalista del Washinton Post, Felicia Sonmez, ha voluto ricordare con un Tweet la vicenda giudiziaria che nel 2003 coinvolse il giocatore dei Los Angeles Lakers in un processo per violenza sessuale che sarebbe stata consumata ai danni di una diciannovenne (lui ne aveva 24) in un Hotel in Colorado. Il processo penale terminò con l’assoluzione, perché la diciannovenne non volle testimoniare; mentre in sede civile Kobe le liquidò una considerevole somma risarcitoria.

Come tutti i giornalisti la Sonmez si sarà giustificata col dovere di cronaca, ma in realtà penso si sia trattato di mero interesse economico: attirare pubblico e quindi soldi. Infatti, non appena mancato l’effetto desiderato, l’editore ha temporaneamente sospeso la sua giornalista. Sono certo di ciò che affermo, perché faccio indagini penali difensive e di parte civile con la mia agenzia investigativa da oltre 40 anni e ho imparato per lo più a diffidare dei giornalisti e ancor meno degli editori che invocano il diritto/dovere di cronaca in quanto tale.

Ma se vogliamo dirla tutta non è neanche colpa dei media, perché loro assecondano un’inclinazione forcaiola tipica delle masse. In questo caso il “popolo miserabile” ha vergognosamente gridato allo stupro punitivo della Sonmez, facendo un torto al loro idolo che non avrebbe certamente approvato, perché era un bravo ragazzo. In realtà per il popolaccio non si è trattato di salvaguardare la memoria del campione ma di difendere la pericolosa chimera (soprattutto americana) secondo cui ciascuno di noi può realizzare qualsiasi sogno, basta volerlo (immaginatevi se Bryant fosse stato basso, tracagnotto e scoordinato).

Un altro aspetto oscuro dell’animo umano, che mi continua a sorprendere da molto prima di quando ho aperto la mia agenzia investigativa, consiste nell’indulgenza provata dalla gente nei confronti dei ricchi, seppur criminali. Molti dei subumani che oggi hanno gridato allo stupro di Felicia Sonmez, nel 2003 avrebbero invocato (senza curarsi di verità e giustizia) la pena di morte per Kobe Bryant se fosse stato un ragazzo povero.

Per contro penso che Kobe Bryant, da persona qualunque e modesto giocatore di basket, avrebbe avuto il diritto all’oblio dopo diciassette anni dal fattaccio, come capita a molti clienti della mia agenzia investigativa e degli avvocati che la mia agenzia investigativa serve. Tuttavia la notorietà ha un prezzo e nel caso specifico l’evoluzione del personaggio Kobe Bryant è un messaggio di speranza per tutti quei colpevoli anonimi che, pur avendo sbagliato, desiderano fortemente riabilitarsi.

Ci tengo a precisare che io credo nell’innocenza del campione. La mia agenzia investigativa Octopus, svolgendo indagini penali, si è occupata negli anni di diversi casi di stupro o molestie sessuali sia dalla parte dell’accusato sia dalla parte della vittima: il caso di specie, per quello che ho potuto leggere all’epoca, aveva tutte le “bandierine rosse” in favore dell’innocenza del compianto Kobe Bryant.