Finalmente un rapinatore incappa in un Carabiniere invece di massacrare un cittadino inerme e si intervistano i delinquenti, anziché dare una medaglia al Carabiniere.

In Italia c’è la tendenza a criminalizzare la legittima difesa a priori. Non importa se esercitata da Forze dell’Ordine, Guardie Giurate, collaboratori di agenzia investigativa o cittadini privati.
In Italia c’è la tendenza a criminalizzare la legittima difesa a priori. Non importa se esercitata da
Forze dell’Ordine, Guardie Giurate, collaboratori di agenzia investigativa o cittadini privati.

Occupandosi la mia agenzia investigativa di indagini ad alto rischio e trovandomi talvolta in situazioni difficili, posso dire che non è facile prendere sempre la decisione migliore sotto stress, mentre è sin troppo semplicistico criticare col senno di poi. Dunque vediamo quante corbellerie, dopo la rapina finita male, ci hanno rifilato giornalisti, leoni da tastiera, esperti d’armi (eppur tuttavia pacifisti) e persino il padre del delinquente morto (che io, da giornalista, avrei ignorato per una questione di mia dignità professionale).

         Un Carabiniere e la sua compagna stanno rincasando a notte fonda e si trovano a Napoli in Via Generale Orsini – zona Santa Lucia. L’orologio Rolex al polso del Carabiniere viene notato da due rapinatori, uno dei quali è Ugo Russo (con in tasca il bottino di un altro assalto appena andato a buon fine per lui, purtroppo).

Qui più di un “esperto” ha criticato il Carabiniere per aver indotto in tentazione la criminalità locale col suo orologio. Mi sembra una critica molto simile, per idiozia e meschineria, a quando si dice che una donna s’è cercata lo stupro, vestendosi sexy (in certi casi, di cui si è occupata in passato la mia agenzia investigativa, questa ignobile critica assurgeva addirittura a strategia difensiva).

Il successo di una rapina si basa essenzialmente sul terrore che il rapinatore riesce a incutere nel rapinato e Ugo Russo, delinquente consumato, lo sa bene; pertanto ruggisce tutta la sua rabbia e minaccia di morte le vittime, brandendo una pistola.

La seconda penosa critica consiste nel dire a sproposito che il Carabiniere avrebbe dovuto riconoscere la pistola finta e capire che non avrebbe potuto sparare.

Ho la passione delle armi da molto prima di aprire la mia agenzia investigativa, ho letto migliaia di riviste specializzate, frequento poligoni da 40 anni, ho sparato con decine di pistole differenti, eppure: sino a metà degli anni ’90 ero in grado di riconoscere un’arma da un semplice dettaglio. Ma poi la produzione delle armi vere si è fatta talmente vasta e quella delle armi finte talmente verosimile, che sfido chiunque a capire se lo stanno rapinando con una pistola vera o finta.

         La terza ingenua osservazione riguarda l’età del morto. A causa di una criminalità sempre più precoce ovunque nel Mondo, molti Stati hanno dovuto abbassare l’età degli adolescenti giudicabili come adulti e noi pretendiamo da un nostro Carabiniere di riconoscere la tenera età del suo rapinatore e avere un occhio di riguardo, pur sapendo che Napoli è la capitale italiana di omicidi e rapine commesse da minorenni?

         La quarta penosa critica riguarda il fatto che il bravo Milite ha doppiato il colpo e non si è limitato a sparare una sola volta. Certamente al Carabiniere avranno insegnato a doppiare il colpo in stile militare, per un preciso motivo di autodifesa (anch’io ho sempre insegnato ai detective della mia agenzia investigativa a doppiare il colpo), pertanto il Milite ha semplicemente agito d’istinto.

Inoltre, quando ci si spara addosso da distanze così ravvicinate c’è una certa fretta di vedere neutralizzata la minaccia, perché anche un pessimo tiratore potrebbe azzeccare un tiro e ne basta uno solo per ucciderti, pertanto si tende a svuotare il caricatore; bravo il Carabiniere che ha dimostrato sangue freddo, sparando solo due volte.        Purtroppo per lui il bravo Milite è capitato in un Paese dove invece di onorare i nostri eroi ascoltiamo le non-ragioni dei delinquenti.