Non esistono più le spie di una volta.

Da semplice titolare di agenzia investigativa ho la sensazione che qualcuno abbia “dimenticato aperto l’armadio sbagliato” che ha consentito al capitano di Fregata Biot di trafugare documenti classificati top secret.
Da semplice titolare di agenzia investigativa ho la sensazione che qualcuno abbia “dimenticato aperto l’armadio sbagliato” che ha consentito al capitano di Fregata Biot di trafugare documenti classificati top secret.

Il capitano di Fregata Walter Biot ha tradito la nostra Patria. Ma solamente un poco, per poter tirare avanti con il misero stipendio mensile (3.000 euro) che la Marina gli passava. Svendeva la nostra Sicurezza Nazionale a prezzi di saldo: 4.000/5.000 euro a chiavetta USB piena zeppa di dati strategici classificati. Non esistono più le spie di una volta che tradiscono a colpi di milioni di dollari depositati su conti correnti off shore.

Quando nel parcheggio di Spinaceto il capitano Biot è stato beccato in flagrante dai Carabinieri del ROS durante una svendita in saldo ai funzionari russi Alexey Nemudrou e Dimitri Ostroukhov, non ha tentato la fuga o l’auto avvelenamento come le spie che conoscevo io, ma ha solo mandato la moglie Claudia Carbonara a perorare pubblicamente la sua causa presso il Corriere della Sera con la lista delle ingenti spese domestiche che erano costretti ad affrontare e una precisa linea difensiva: “Mio marito non voleva fottere il Paese. E non l’ha fatto neanche questa volta, ve l’assicuro, ai russi ha dato il minimo che poteva dare” (se fossi la spia russa mi offenderei). Solamente qualche decennio fa (e questo è l’unico aspetto confortante della vicenda) Walter Biot, Alexey Nemudrou e Dimitri Ostroukhov non sarebbero stati beccati dai Carabinieri del ROS ma da un sicario. Probabilmente della CIA, perché l’Italia, oltre che per il buon cibo e le belle donne e gli uomini romantici è vista dagli americani come un’enorme portaerei da guerra.

Non esistono più le spie di una volta. O forse non sono mai esistite. Per quello che ne so, le grosse operazioni di spionaggio sono sempre state casuali, come le scoperte scientifiche importanti. Quando avevo appena aperto la mia prima agenzia investigativa Octopus, un mio amico mi raccontò d’aver fatto carriera nei Servizi Segreti italiani semplicemente perché, quand’era di stanza a Berlino, si accorse che il suo omologo della Germania dell’Est dimenticava quasi sempre aperto un armadio pieno zeppo di informazioni top secret. Trovò il modo di sostituire i fascicoli classificati con incartamenti apparentemente identici e lavorò tutta la notte alla fotocopiatrice (pregando che non si accorgessero della sostituzione). La mattina dopo, a rischio della sua vita, tornò a rimettere i fascicoli al loro posto: fu un successone.

I giovani apprendisti detective della mia agenzia investigativa Octopus, vedendomi così ben introdotto negli Stati Uniti, talvolta mi chiedono perché non lavoriamo per la CIA: rispondo loro che è alto tradimento, che siamo Italiani e che gli Americani sono solamente alleati. Poi spiego loro il senso della parola “Patria” e, infine, li perdono perché sono giovani e ingenui, e perché non sono militari di carriera come il capitano di Fregata Biot. Forse anche l’ingenuo Biot ha una scusante che sta proprio nella penna USB: una volta per fare spionaggio dovevi fotografare i documenti top secret con una fotocamera Minox, rischiando la vita o l’arresto, e lottando coi sensi di colpa. Portarti a casa i rullini (se eri sopravvissuto). Svilupparli in camera oscura e consegnarli al nemico (continuando il corpo-a-corpo coi tuoi sensi di colpa). Adesso bastano due passaggi (sempre che qualcuno dimentichi aperto “l’armadio” sbagliato): scaricarli su una chiavetta e consegnarla al nemico. La digitalizzazione della realtà crea un senso d’impunità nelle persone più disoneste e spesso anche le persone per bene fanno difficoltà a cogliere l’aspetto deleterio di molti crimini informatici.