Da titolare dell’Agenzia Investigativa Octopus la mancata condanna di Antonio Gozzini mi lascia perplesso e arrabbiato.

Il 4 ottobre 2019 Antonio Gozzini alla veneranda età di 70 anni ha stordito la moglie Cristina Maioli, colpendola con un martello nel sonno mentre riposava nel loro appartamento di Via Lombroso a Brescia, e poi l’ha accoltella alla gola mortalmente. Quindi ha vegliato per ore il corpo martoriato della povera Cristina prima di mettere in atto un ridicolo tentativo di suicidio e sbandierare la sua volontà di uccidersi, ma non è morto (purtroppo raramente muoiono gli individui come lui).

Per un’agenzia investigativa che si occupa delle indagini di Parte civile può essere difficile e frustrante occuparsi delle ragioni di una donna vittima del proprio compagno
Per un’agenzia investigativa che si occupa delle indagini di Parte civile può essere difficile e frustrante occuparsi delle ragioni di una donna vittima del proprio compagno

La PM Claudia Passalacqua ha rinviato a giudizio il Gozzini, chiedendo giustamente l’ergastolo, poiché prima del massacro la compravendita di alcune azioni da parte dell’uomo tramite la sua banca facevano pensare alla premeditazione. E invece, oggi, l’assassino viene incredibilmente riconosciuto incapace d’intendere e di volere a causa di… udite, udite: un vizio totale di mente dovuto a “un delirio di gelosia”.

Ciò che fa arrabbiare non è tanto la “ingiudicabilità” dell’assassino, che mi auguro sarà comunque rinchiuso a vita in un manicomio criminale, quanto piuttosto la spiegazione sul “delirio di gelosia” che richiama tristemente al “delitto d’onore”.

Cos’è andato storto per consentire a un brutale assassino di farla franca? Da titolare di agenzia investigativa autorizzata alle indagini penali difensive, penso abbiano giocato vari fattori: innanzitutto la perizia psichiatrica (proprio quella dell’accusa) che, da quanto ho sentito, è stato piuttosto indulgente. Forse la PM avrebbe dovuto scegliersi meglio i suoi consulenti.

In secondo luogo si è tenuta in poco conto la dinamica del delitto: lo stordimento precedente allo sgozzamento mortale fa emergere un desiderio di controllo e il timore d’incrociare lo sguardo della vittima, che non è certamente il comportamento di una persona delirante e denota una certa pianificazione nel commettere il delitto.

In terzo luogo si sono, forse, tralasciati i così detti “precedenti di polizia” e le sommarie informazioni presso il vicinato che avrebbero potuto far emergere trascorsi di violenza domestica. Poiché, depressione a parte, solamente un violento abituale può decidere di uccidere in quel modo.

Tornando alla spiegazione sul “delirio di gelosia”: se vale questo allora dovrebbe valere tutto. E invece, ho sentito di povere donne condannate inflessibilmente all’ergastolo per aver ucciso nel sonno i mariti che le massacravano brutalmente da una vita. Per loro nessuno ha accolto la tesi del vizio totale di mente per maltrattamenti o la depressione a seguito delle brutalità subite. La mia agenzia investigativa Octopus si occupa dal 1988 di tutela della famiglia e, ogni volta che affronto un caso di violenza domestica, ho la sensazione che ci siano due pesi e due misure nel giudicare femminicidi e omicidi.