Un po’ di sana paranoia non fa mai male, anche su LinkedIn.

Capita sempre più spesso che il titolare del profilo LinkedIn da me visitato in cerca di nuovi collegamenti, insospettito dalla mia professione, si consideri sotto indagine e mi chieda il motivo della visita. Un po’ di sana paranoia non fa mai male, anche su LinkedIn. A parte che chiedere perché qualcuno tenti di interagire con te su un social è un po’ come andare a una festa e domandare a chi ti guarda o attacca bottone perché lo sta facendo. Ciò nondimeno, sono consapevole che la mia professione talvolta può diventare ingombrante. Infatti, quando incontro per caso in pubblico un cliente della mia agenzia investigativa Octopus non saluto mai per primo e non mi offendo se vengo ignorato.

Le informazioni pubblicate sui social dallo stesso interessato sono di secondario interesse nelle mie indagini, visto che in poche ore riesco a sapere sul conto del mio indagato: dove e con chi abita, quanti e quali lavori ha svolto, se possiede automezzi o immobili. Entro una settimana conosco quasi tutte le sue abitudini e frequentazioni. Infine, con un lavoro più fino, spalanco le ante dei suoi armadi in caso vi nascondesse qualche scheletro. Con questo non voglio dire che considero i social del tutto superflui: ci ho beccato diverse amicizie inconfessate tra incidentato e suo testimone a favore. Ho impedito l’archiviazione di un procedimento penale, dimostrando che tra un indagato e l’Ufficiale di P.G., deputato al suo interrogatorio, correva un’annosa amicizia. Ho spesso individuato l’amicizia “anello debole” attraverso cui infiltrare nella vita reale gli specialisti della mia agenzia investigativa Octopus.

Tornando a LinkedIn: se proprio volessi sfruttarlo come fonte d’informazione (e sapendo dell’avviso di visita), incaricherei un mio specialista (con profilo totalmente slegato da me e dalla mia agenzia investigativa Octopus) di curiosare, screenshottare e, all’occorrenza, infiltrarsi.

So di investigatori privati maldestri che hanno tentato di scimmiottare le stesse operazioni sotto copertura sui social, mandando avanti loro amici pubblici o addirittura collaboratori, seppur non investigativi, ma in questi casi non sono neppure da considerare colleghi e le loro indagini non dovrebbero preoccuparvi.

Òps! Non vorrei, con queste mie esternazioni, aver peggiorato le cose, seminando ulteriore paranoia. Per farmi perdonare potrei elencarvi le caratteristiche dei profili trojan (almeno quelli più semplicioni), per poterli riconoscere:

  • Hanno una loro storia molto breve, tanto da sembrare creati apposta per spiarvi oppure hanno una storia più lunga ma poco autentica.
  • Forniscono informazioni difficilmente verificabili.
  • Esistono solamente sul social in cui tentano l’approccio.
  • Non hanno una foto-profilo (vabbè, la mia è deformazione professionale vecchia scuola) o ne hanno di sospette. In quest’ultimo caso programmi come TinEye potrebbero farvi scoprire se sono foto autentiche oppure sono state rubate altrove.
  • Hanno fotografie del profilo fortemente seduttive (roba da dilettanti, perché nelle indagini sotto copertura il sesso ha quasi sempre le gambe corte).

Un mio amico americano, con l’agenzia investigativa in California, mi raccontò che quando una coppia di coniugi si separa dalle sue parti, scatta una corsa ad accaparrarsi l’avvocato migliore, ma spesso il coniuge più malizioso e danaroso fa anche questa operazione: visita per una consulenza divorzile tutti i più grossi e quotati studi legali della zona. In questo modo fa terra bruciata attorno al partner, perché gli avvocati consultati non possono più accettare il suo mandando, avendo dato udienza alla controparte. Mutatis mutandis, in caso vogliate mettere alla prova un maldestro detective privato che ha visitato il vostro profilo o addirittura chiesto il collegamento/amicizia per scopi investigativi, chiedetegli una consulenza: se è deontologicamente corretto si sottrarrà con una scusa. Se è scorretto cercherà di sfruttare l’occasione per carpirvi informazioni. Tuttavia, voi non gli direte una sola informazione che possa essere utilizzata a vostro sfavore. Anzi: potreste fare contro-informazione in stile “guerra di spie” per modificare l’esito delle sue indagini.