Epidemie come il Coronavirus decimano costantemente l’umanità, ma ce ne accorgiamo solamente quando i decimati sono dei paesi ricchi.

Da investigatore privato di un’agenzia investigativa internazionale si deve convivere col problema delle epidemie che tormentano il mondo.
Da investigatore privato di un’agenzia investigativa internazionale si
deve convivere col problema delle epidemie che tormentano il mondo.

Molti anni fa, quando ancora non avevo una mia licenza da investigatore privato e lavoravo per diverse agenzie investigative, fui interpellato da una agenzia investigativa di Milano per andare a svolgere un’indagine in una zona equatoriale del mondo considerata piuttosto pericolosa per la diffusione della febbre dengue.

Portai a termine il mio incarico senza ammalarmi, ma rimasi molto impressionato di come quasi ogni famiglia in quell’area avesse avuto almeno un familiare ammalato e qualcuna anche un morto di questa sorte di febbre malarica. E sono rimasto ancora più sorpreso scoprendo che oggi come allora non è mai stata trovata una cura o un vaccino per la dengue.

         Più recentemente un cliente della mia agenzia investigativa mi chiese di localizzare una persona in Congo e trovai molte più difficoltà a gestire il rischio di contagio da ebola (epidemia, secondo me, ben peggiore del virus 2019-nCoV) piuttosto che affrontare tutti gli altri pericoli connessi alla violenza e all’instabilità del Paese africano.

         In tempi ancora più recenti una coppia di genitori incaricò la mia agenzia investigativa Octopus di localizzare il figlio scappato in un Paese a grande diffusione dell’AIDS (che secondo me non è neanche paragonabile per gravità al Coronavirus) e di convincerlo a tornare a casa. Trovai il giovanotto condurre una vita sessuale promiscua ad altissimo rischio di contagio. Ma lo riportai a casa sano e salvo, poiché la “pecora nera” conduceva una vita agiata grazie ai finanziamenti paterni e praticava un’efficace prevenzione.

         Pur non essendo un esperto infettivologo, tutte le volte che ho visto aree del mondo particolarmente colpite da queste epidemie (o punto di partenza di esse), si trattava di zone povere, dove scarseggiavano igiene e cultura della prevenzione.

         Non c’è bisogno di lavorare per una agenzia investigativa internazionale, ma è sufficiente essere viaggiatori in cerca di contatto autentico con le popolazioni ospiti per capire come l’intera umanità sia fragile e ancora oggi decimata da virus contro i quali non si può fare nulla o quasi. Basti pensare che ancora ai nostri giorni in alcune parti del mondo si muore di rosolia e morbillo, malattie che per noi hanno rappresentato al massimo un po’ di disagio compensato da settimane a casa da scuola coccolati dalla propria madre.