Le indagini dell’agenzia investigativa, il dovere di cronaca e la riservatezza.

I casi freddi per un’agenzia investigativa dovrebbero essere una grossa opportunità di professionalizzare i propri detective, prima ancora che un’occasione di finire in prima pagina.
I casi freddi per un’agenzia investigativa dovrebbero essere una grossa opportunità di professionalizzare i propri detective, prima ancora che un’occasione di finire in prima pagina.

Dopo lo sciacallaggio della ragazza russa Olesya Rostova, che si è finta Denise Pipitone con la complicità della trasmissione “Lasciali Parlare” e del suo conduttore Roman, i nostri giornalisti hanno capito che la scomparsa della povera piccola Denise “tira” sempre e ne hanno approfittato anche loro. È spuntata, anzi: è rispuntata l’ennesima intercettazione utile solamente ad attirare curiosi e tormentare inutilmente i protagonisti della triste vicenda.

L’ottimo Professor Roberto Cusani aveva da tempo individuato la voce di una bambina in sottofondo durante una telefonata fatta da Anna Corona (probabilmente la voce di una delle due sue figlie minorenni di 13 e 17 anni all’epoca del fatto), tuttavia i nostri giornalisti peggiori si sono buttati a capofitto con le solite ipotesi trite e ritrite allo scopo più di intrattenere che di informare. Il Prof. Cusani si era espresso con estrema prudenza sulle intercettazioni del Caso Pipitone e l’Autorità giudiziaria aveva già scartato qualsiasi ipotesi accusatoria, ma qualcuno è riuscito a scriverci sopra un articolo o farci un programma televisivo, entrambi più dannosi che utili.

Purtroppo il giornalismo investigativo in Italia è molto raro, abbiamo soprattutto quello romanzato e persecutorio. Ma non solamente qui da noi i “casi freddi” più noti si trasformano regolarmente in una calamita per giornalisti, inquirenti, avvocati, criminologi, investigatori privati poco seri e in cerca di gloria.

Qualche anno fa fui contattato dall’estero per un caso disperato che non aveva trovato soluzione. I familiari della vittima approdarono alla mia agenzia investigativa Octopus dopo essere stati usati brutalmente nella loro patria da un paio di “investigatori privati” in cerca di fama. Questi, che io non definirei colleghi, avevano sfruttato il caso per rilasciare interviste a casaccio e poi si erano chiamati fuori bruscamente. I familiari della vittima erano sconfortati e diffidenti, ciò nonostante si sono rivolti alla mia agenzia investigativa Octopus perché gli era stato suggerito da un’associazione internazionale: è questa la fama cui ciascun detective privato dovrebbe aspirare, perché professionisti come noi tra dovere di cronaca e riservatezza dovrebbe sempre preferire quest’ultima.

Alcuni miei colleghi si gettano in questo genere di indagini irrisolte solamente per ottenere visibilità della loro agenzia investigativa. Alcuni lo fanno anche pro bono, il che fa loro onore, purché si sforzino nella ricerca della verità tanto quanto in quella della gloria. Capisco che possa essere inebriante vedere il proprio nome o il nome della propria agenzia investigativa riecheggiare sui media, ma lo è molto di più quando viene sussurrato all’interno di prestigiosi studi legali o di aule di giustizia o di uffici di polizia giudiziaria. Inoltre, so per esperienza che è inutile accollarsi questo genere d’indagini senza saper affrontare le fatiche investigative che esse comportano e amarle a prescindere dalla gloria che porteranno.