Da detective privato ammiro gli avvocati, ma non li invidio.

Da titolare di agenzia investigativa ammiro ma non invidio gli avvocati, per la durezza del loro lavoro.
Da titolare di agenzia investigativa ammiro ma non invidio gli avvocati, per la durezza del loro lavoro.

L’Avvocato Massimiliano Alessandro Pozzi di 49 anni si è suicidato lanciandosi nel vuoto da una finestra del Tribunale di Milano. Sembra che alla base del gesto ci siano state una serie di concause: una separazione difficile dalla moglie, problemi economici e di ludopatia (governanti ladri e criminali), la sospensione dall’ordine per mancati pagamenti delle quote associative e una condanna per aver continuato ad esercitare la professione forense nonostante la sospensione dall’Albo degli Avvocati.

Gli articoli che lo riguardano sono tutti corredati da foto dei lettighieri accorsi o dalla foto dello sfortunato avvocato con un panino in mano. Se un mio amico fosse ancora in vita si sarebbe arrabbiato, per come i media hanno riportato impietosi la tragedia. Si sarebbe chiesto se era proprio necessario parlare delle mancate quote d’iscrizione all’Albo e se era troppo sforzo per i giornalisti cercare una foto dell’Avvocato Pozzi con indosso la toga, visto che ha deciso di morire in Tribunale.

Questo mio amico avvocato era solito ripetere che quando si diventa avvocati lo si è per sempre. E infatti lui, quando è passato a miglior vita, tra le sue ultime volontà a disposto che venisse fatto incidere il suo titolo forense sulla lapide.

La Buonanima è stato uno dei primi clienti dell’agenzia investigativa Octopus di Bergamo e poi, quando ho aperto la mia seconda agenzia investigativa Octopus a Milano, ha continuato a mandarmi persone e aziende bisognose d’investigazioni. Ascoltarlo, mentre mi prospettava il caso da affidarmi, era sempre molto istruttivo, perché, come tutti i grandi, era generoso di spiegazioni facilmente comprensibili. Ed era anche divertente, perché dopo tanti anni di professione gli restava la “inflessione da arringa” anche quando chiedeva un caffè al bar.

Ricordo come fosse ieri la prima volta che venne nella mia agenzia investigativa per prospettarmi un caso d’omicidio, utilizzava il “plurale solidale col cliente”, secondo la vecchia scuola. Non dovrei scriverlo perché mi fa sembrare tonto, ma ero ancora molto giovane e inesperto: nei primi cinque minuti pensai che fosse accusato del delitto insieme al suo assistito.

Ogni tanto lo scherzavo dicendogli che gli stava spuntando la pinna caudale e lui mi rispondeva chiamandomi “pilota” come viene definito volgarmente il pesce Naucrates ductor che vive in simbiosi con gli squali. Nonostante si fosse formato sul vecchio Codice Rocco, aveva capito l’enorme potenziale rappresentato dalle indagini penali difensive e dall’investigatore privato.

Dal 1988 ad oggi la mia agenzia investigativa Octopus ha servito centinaia di avvocati e ogni volta che ne conosco uno nuovo rimpiango di non aver terminato gli studi di giurisprudenza, ma sono contento di non essere uno di loro, specialmente in questi ultimi anni. Spesso devo prestare testimonianza in Tribunale sulle indagini private svolte dalla mia agenzia investigativa Octopus e assisto ad avvocati anziani di grande spessore professionale, trattati come bambini da magistrati che hanno la metà dei loro anni e sicuramente meno della metà della loro intelligenza e cultura. E spesso non hanno avuto neppure la decenza di leggere il fascicolo.

Presenziare in Aula di Giustizia per un avvocato è un equilibrismo estremo tra le derive della magistratura e alcuni clienti che, da quando esiste internet, pretendono di supervisionare il lavoro del loro Legale dopo aver consultato per dieci minuti Google.