La tiktoker Elisa Esposito si è inventata la parlata in corsivo.

Anche i detective più giovani e aggiornati della mia agenzia investigativa Octopus fanno fatica a seguire le mode linguistiche, anzi… slanghistiche dei giovani d’oggi
Anche i detective più giovani e aggiornati della mia agenzia investigativa Octopus fanno fatica a seguire le mode linguistiche, anzi… slanghistiche dei giovani d’oggi

La tiktoker Elisa Esposito si è inventata la parlata in corsivo o meglio in cörsivœ e tutti le danno addosso perché la fanciulla non sa chi abbia scritto “nel bel mezzo del cammin di nostra vita…”. A parte che Elisa si è diplomata alla scuola di estetica dove non sono di vitale importanza le terzine dantesche (sarebbe come pretendere una perfetta depilazione da uno studioso di Letteratura), i colpevoli di cotanta ignoranza, ammesso che ce ne siano e che l’ignoranza sia una colpa, sarebbero eventualmente i suoi genitori e suoi insegnanti.

C’è da sottolineare che la giovane Elisa ha ammesso candidamente di non sapere, dote rara di questi tempi a prescindere dall’età e dalla cultura dell’ignorante.

Il corsivo o cörsivœ, che dir si voglia, non è altro che uno dei tanti slang giovanili che hanno funzione ludica di ricerca identitaria e talvolta di protesta. Alzi la mano chi da adolescente non abbia fatto uso di parole in codice, linguaggi criptici o simboli segreti; anche solamente per sottrarsi al controllo di genitori e insegnanti. Per comprendere ciò non serve una laurea in psicologia infantile, lo capisce persino un semplice titolare di agenzia investigativa come me, eppure il web pullula di professoroni che criticano il buffo linguaggio della ragazza per farla desistere, ottenendo l’effetto contrario (un classico coi giovani).

          Non è da oggi che noi boomer dobbiamo convivere con linguaggi giovanili incomprensibili. Io personalmente, superata la quarantina, ho iniziato ad avere qualche difficoltà nel portare a termine incarichi investigativi affidati alla mia agenzia investigativa Octopus per prevenire comportamenti adolescenziali autodistruttivi. Ricordo che durante la sorveglianza di un quattordicenne, i cui genitori si erano rivolti alla mia agenzia investigativa Octopus per sospetto uso di droghe, lo sciagurato ragazzo stava per essere pestato duramente dal suo pusher cui doveva cinquecento euro. Pertanto io e un mio collaboratore, anche lui non più giovanissimo, intervenimmo in difesa del giovane. In realtà non ci fu bisogno di fare molto: appena il pusher e i suoi scagnozzi ci videro arrivare, fuggirono a gambe levate gridando “gli sbirri!”. Poi seguirono per noi momenti linguisticamente imbarazzanti col ragazzo appena recuperato che usava termini come bella zio, che sbatti, scialla, non ci sto dentro, ecc.

          Dopo questo episodio, i genitori di una ragazzina di sedici anni scappata da casa affidarono alla mia agenzia investigativa Octopus il suo rintraccio. La ritrovai a vivere per strada insieme al suo fidanzato coetaneo e, data l’età della mia ricercata, mi ero premunito, portando con me il detective più giovane e più linguisticamente aggiornato dell’agenzia investigativa. Fu ugualmente un disastro, perché questi slang giovanili si aggiornano con la velocità della somatotropina, e il mio collaboratore dovette mettere in vivavoce suo fratello minore per farci da interprete.

          Tornando alla giovane Elisa Esposito, io, da genitore, insegnante o semplicemente estraneo adulto, non giudicherei questa fase della sua vita, particolarmente svagata e felice, non sarei troppo severo con la sua scarsa cultura generale, ma piuttosto mi preoccuperei della sua felicità quando la meteora del cörsivœ finirà. Perché finirà.