Minacce e rischi cui sono sottoposti costantemente gli avvocati
Le considerazioni dell’investigatore privato penalista dell’agenzia investigativa Octopus sui rischi che corrono gli avvocati.

Gli avvocati penalisti sono sempre stati una categoria a rischio di aggressione.
Quando avevo aperto la mia prima agenzia investigativa Octopus di Treviglio diversi legali, per cui svolgevo indagini penali difensive, mi chiesero di presenziare a incontri con loro clienti particolarmente pericolosi, fingendomi un praticante dello Studio Legale.
Negli anni la situazione non è migliorata, semmai peggiorata.
Agli avvocati penalisti, come categoria a rischio, si sono aggiunti anche buona parte di quelli civilisti, specie quelli che trattano cause su grandi patrimoni e interessi finanziari rilevanti.
Quando avevo aperto la mia seconda agenzia investigativa Octopus di Milano ho svolto diversi servizi di sicurezza per avvocati e curatori fallimentari sotto minaccia.
Il Consiglio Nazionale Forense stima che circa 300 avvocati siano stati minacciati e aggrediti dal 2021 al 2023, ma probabilmente il fenomeno è sotto stimato nel numero e nella gravità, viste le sparatorie avvenute persino dentro i Tribunali di Milano e Reggio Emilia.
Anche io, come investigatore privato e titolare dell’agenzia investigativa Octopus di Cassano d’Adda ricevo regolarmente minacce, ma non me ne curo e considero una perdita di tempo denunciare, se la denuncia non apporta vantaggi diretti ai miei Clienti.
Quando un avvocato mi chiede un consiglio su come affrontare minacce da parte di controparti violente o clienti pericolosi, indico più o meno la stessa strategia suggerita alle vittime di stalking violento, che avrebbe potuto salvare la vita di Giulia Cecchettin in attesa dell’auspicabile cambiamento culturale in grado di ammazzare il femminicidio:
1. Corazzarsi
Oramai ci sono maglie e indumenti anti-accoltellamento o antiproiettile, così comodi da indossare e persino eleganti che solamente la canicola estiva può far rinunciare ad essi.
2. Armarsi
E con questo non intendo che si debba ricorrere necessariamente alle armi da fuoco.
L’arma basica per eccellenza è lo spray antiaggressione, per via del fatto che non richiede particolare esercizio, è stato finalmente reso legale in Italia da diversi anni e mette fuorigioco l’aggressore per una mezzoretta senza far rischiare l’eccesso di autodifesa.
3. Usare la tecnologia
Telecamere e allarmi scoraggiano gli aggressori, inoltre talvolta aiutano alla loro identificazione.
In uno Studio legale potrebbe essere utile un anti-furto/rapina nebbiogeno collegato a bottoni antipanico, dato che il suo funzionamento non danneggerebbe affatto mobili o documenti.
Le moderne dash cam con funzione antivandalo sono in grado di avvisare in tempo reale se qualcuno si avvicina all’automobile parcheggiata.
4. Prevenire
Praticare un’efficace prevenzione, che si base sull’aumento del proprio livello di attenzione e abbandonare il più possibile comportamenti abitudinari.

Sono tutti forcaioli fino a quando non vengono accusati ingiustamente e hanno improvvisamente bisogno di un avvocato e un investigatore privato penalisti.
La condanna di Filippo Turetta all’ergastolo non-ostativo: alcune osservazioni da investigatore privato criminalista
Un imbecille ha mandato una busta intimidatoria, con tre proiettili dentro, all’Avvocato Giovanni Caruso in quanto difensore di Filippo Turetta e i media s’indignano dopo aver orchestrato un linciaggio mediatico durato mesi e che ha aizzato la piazza giustizialista.
Questo epilogo, ci fa capire due tristi verità: le folle che nei secoli scorsi accorrevano per assistere alle esecuzioni sul patibolo non erano affatto forzate a farlo, anzi consideravano il boia alla stregua di una star dello spettacolo e, ancor più triste, molti italiani (tra cui persino criminologi e investigatori privati) non comprendono lo sforzo dei nostri Padri Costituenti di civilizzare l’Italia attraverso la Legge.
Da investigatore privato criminalista e titolare dell’agenzia investigativa Octopus di Cassano d’Adda sono rimasto basito dalle critiche contro la sentenza di certi “addetti ai lavori”, che mi spiego solamente con una stolta e vuota ricerca del consenso popolare.
Lo stalking del Turetta purtroppo non è stato provato, perché la povera Giulia, come fanno l’80% delle donne vittime di violenza, ha sottovalutato il pericolo.
Piuttosto che gridare “alla forca”, sarebbe ora che la Legge e l’Autorità giudiziaria tenessero in maggior conto la psiche femminile e sue fragilità in questo senso.
Forse investigazioni private penalistiche a favore della vittima avrebbero comprovato lo stalking, ma purtroppo nelle Aule di Giustizia italiane l’investigatore privato autorizzato alle indagini penali è per lo più uno sconosciuto.
Non è stato preso in considerazione neanche l’aggravante della crudeltà, vista la mancanza di evidenze che il Turetta abbia torturato Giulia, né abbia gioito della sua agonia.
Anche se l’accoltellamento e il dissanguamento in diverse fasi della povera Giulia avrebbero potuto essere giudicati con maggiore severità.
Sono convinto che anche questa circostanza sarebbe stata meglio comprovata dalle indagini penali di un detective privato autorizzato.
Ad ogni modo Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo “semplice”, quello “part-time” o meglio, per intenderci, quello per il quale non viene gettata via la chiave.
Poiché, fortunatamente, la nostra Costituzione prevede anche una forte funzione rieducativa nella carcerazione e non solamente quella punitiva.
Invito lo scimunito che ha spedito vigliaccamente i proiettili al Difensore di Turetta a fare due ragionamenti, sublimando la sua stupida rabbia criminale.
È vero, Turetta ha levato la vita alla povera Giulia Cecchettin, ma in questo modo ha anche buttato la sua nel cesso; vent’anni di carcere non sono un trascurabile contrattempo nella vita di un individuo, mica per niente si verificano così tanti suicidi tra i detenuti.
In particolare il carcere di Montorio, dov’è il Turetta, è tra i primi in Italia a detenere questo triste primato.
Intanto, al netto di permessi e libertà sulla parola, il ventitreenne Filippo Turetta resterà ristretto in carcere per circa 10 anni, il che significa dire addio alla sua gioventù tra sovraffollamento carcerario, pasti mal mangiati, convivenza forzata e rischi d’essere accoltellato.
In carcere Turetta capirà cos’è la vera violenza (altro che il patriarcato) ogni volta che tratterà i compagni di cella com’era abituato da libero a trattare i suoi genitori e le persone intorno a lui.
Tra 10 anni, se sarà sopravvissuto al suicidio o a qualche regolamento di conti, “l’ergastolano” usufruirà dei primi permessi premio, concessi principalmente per lavorare. Buona parte dei proventi del suo lavoro serviranno ad iniziare a pagare le penali e i rimborsi per quello che ha fatto; è stato condannato a pagare 760.000 euro, cioè a un ergastolo economico-finanziario senza fine, considerato che non è milionario.
Nel 2049, all’età di 48 anni, il Turetta potrà aspirare alla libertà condizionale.
Le sue prime vere uscite dal carcere le farà da vecchio.
È vero, Giulia Cecchettin non potrà mai essere restituita alla sua vita e ai suoi affetti, ma neanche il Turetta ci tornerà mai, tra un invecchiamento precoce (la vita in carcere è logorante) e terribili rimpianti, se non è capace di provare rimorsi.
Svolgendo indagini criminalistiche da 44 anni, ho seguito numerosi casi di assassini condannati all’ergastolo non ostativo, sia in qualità di investigatore privato incaricato dai loro avvocati alle indagini penali difensive e sia quando la mia agenzia investigativa Octopus si è occupata di assistere i legali delle vittime.
Quando questi ergastolani ritornano in libertà sono spesso larve umane, alcuni di essi affrontano la scarcerazione con più terrore di quanto avessero affrontato l’arresto molti anni prima.
Lungo questo meritato calvario del vile assassino potrebbe avvenire il miracolo per cui gli sforzi dei nostri Padri Costituenti si sono prodigati legiferando: Filippo Turetta potrebbe pentirsi sinceramente e dedicare quel che gli resta da vivere nel tentativo di riscattarsi.

In molti anni da investigatore privato criminalista e titolare dell’agenzia investigativa Octopus ho visto che il carcere “deforma” la maggior parte delle persone e solo qualcuno riesce a cambiare profondamente in meglio.
I padri assenti di Filippo Turetta e Giulia Cecchettin
Del femminicidio di Giulia Cecchettin si è data la colpa al patriarcato, ma io sono convinto che si sarebbe evitata la tragedia, se entrambe le famiglie di vittima e carnefice fossero state patriarcali o, anche, matriarcali in senso letterale del termine.
Un patriarca che vede il proprio figlio comportarsi come un debole e isterico stalker interviene per richiamarlo duramente all’ordine.
A delitto avvenuto, non va a trovare suo figlio in carcere minimizzando ciò che ha fatto (ancorché preoccupato del suo suicidio), ma pensa insieme a lui come porre parzialmente rimedio allo scempio.
A proposito di ciò, sono curioso di vedere come Filippo Turetta e suo padre Nicola si comporteranno nei confronti della provvisionale di 760.000 euro decisa dalla Corte d’Assise di Venezia.
Nella mia carriera di investigatore privato criminalista ho abbandonato diversi clienti, per i quali svolgevo indagini penali difensive, poiché, palesemente colpevoli, erano esclusivamente concentrati su come evitare di pagare i danni causati dai loro delitti.
Il patriarca, che vede un componente della propria famiglia sotto minaccia, specialmente una figlia, verrebbe guidato dall’istinto del capobranco e interverrebbe attivamente in sua difesa.
Non come ha fatto quel (sin troppo) brav’uomo di Giulio Cecchettin.
Seppur lodevole, è tardivo l’interessamento che il padre di Giulia sta dimostrando per la morte della figlia attraverso la fondazione a lei intitolata ed è stucchevole sentire da lui frasi come “dovremmo fare di più come esseri umani”.
Da quando la mia agenzia investigativa Octopus si occupa di violenza domestica mi sono persuaso che sia meritevole tentare un’inversione di rotta “culturale”, direi criminale più che culturale.
Tuttavia, questo tentativo di virata funzionerà nel lungo periodo; per salvare le donne dai femminicidi odierni, bisogna agire adesso con la prevenzione e un po' di sana contro-violenza.

Da detective privato e titolare dell’agenzia investigativa Octopus penso a un rimedio più immediato delle sempre auspicabili educazione e sensibilizzazione.
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