La tragedia in Afghanistan.

Da modesto titolare d’agenzia investigativa, mi sarei preparato una lista dei miei collaboratori locali a rischio e avrei predisposto in tempo la loro evacuazione.
Da modesto titolare d’agenzia investigativa, mi sarei preparato una lista dei miei collaboratori locali a rischio e avrei predisposto in tempo la loro evacuazione.

Una delle cose che imbarazzano della tragedia in Afghanistan è l’atteggiamento ipocrita dei nostri politici italiani e di alcuni funzionari tornati dalla catastrofica missione.

I politici adesso blaterano di corridoi umanitari e il Presidente Draghi (evidentemente rovinato da questi pochi mesi di carica) l’ha sparata più grossa di tutti con la frase “Ora bisogna proteggere chi ha collaborato, chi ha lavorato per noi”.

I nostri funzionari, fortunatamente rientrati illesi in Italia, tra un ringraziamento e l’altro, hanno speso la solita lacrimuccia di coccodrillo, pensando a quanti collaboratori locali hanno dovuto lasciare sul posto, probabilmente a morire ammazzati o ad essere incarcerati dai talebani. Alcuni hanno bofonchiato il precipitare degli eventi come giustificazione di tanta slealtà verso i propri collaboratori, dimenticando che persino i sassi del deserto di Dasht-e Margoh sapevano almeno da un anno che sarebbe arrivato questo tragico giorno.

Io, che non sono un analista dei Servizi Segreti ma il modesto titolare dell’agenzia investigativa Octopus, mi sarei preparato una lista dei miei collaboratori locali a rischio e avrei predisposto in tempo per loro e per le loro famiglie l’evacuazione. Se i vertici della missione me lo avesse impedito, lo avrei denunciato all’opinione pubblica come grave atto di viltà istituzionale.

Quando la mia agenzia investigativa Octopus si occupa di esfiltrazioni di bambini italiani sottratti a portati all’estero dal genitore straniero (quasi sempre mediorientale, nord africano o sud americano) mi prendo cura dei miei collaboratori locali, predisponendo per loro un piano di salvataggio, se dovessero essere incriminati per causa dell’operazione di recupero della prole. È una questione di “lealtà funzionale” prima ancora che di etica o di principio: se tradisci i tuoi collaboratori come puoi pretendere da loro correttezza e rispetto la prossima volta?

Un’altra cosa che mi ha dato fastidio sono le critiche gratuite agli Americani che, secondo alcuni, avrebbero lasciato in braghe di tela il popolo afgano. Tuttavia sono sacrosante le parole pronunciate da Joe Biden: “I soldati americani non possono e non devono combattere e morire per una guerra che le forze afghane non vogliono combattere”. Da titolare dell’agenzia investigativa Octopus che talvolta ha operato in zone mediorientali e più in generale vicine all’equatore, conosco esattamente quanta verità è contenuta in quella frase. Se da un lato i nostri funzionari in Afghanistan se ne sono fregati del futuro dei loro collaboratori locali, dall’altro il popolo progressista afgano ha avuto anni per addestrare un esercito efficiente e armarlo adeguatamente. Perché non l’ha fatto? Penso che dipenda da tanti, troppi fattori per poter semplificare, tuttavia anche i detective della mia agenzia investigativa Octopus riscontrano lo stesso problema quando operano all’estero: quanto più si trovano vicini all’equatore tanto più hanno difficoltà ad istruire le risorse locali da renderle utili allo scopo della nostra missione. A proposito di missione, un mio amico missionario, mi confidò tempo fa che spesso gli è capitato di riuscire faticosamente a far costruire pozzi e strutture in zone molto povere, restituendo un po’ di sicurezza, salute e dignità agli abitanti. Ma poi, a distanza di anni, aveva ritrovato i pozzi intasati e le costruzioni inagibili per mera cattiva manutenzione. Come si dice: aiutati che il ciel t’aiuta.

Ora non ci rimane che sperare che i talebani si lascino comperare dai cinesi e che questi ultimi salvino il destino delle donne in Afghanistan.