I cani soldato, abbandonati o meno a Kabul dall’esercito americano, svelano tutto lo schifo dell’impiego di cani d’assalto utilizzati dai militari e dalla polizia

L’impiego degli animali in guerra e una delle forme peggiori di slealtà tipica del genere umano.
L’impiego degli animali in guerra e una delle forme peggiori di slealtà tipica del genere umano.

Tempo fa un mio amico e collega detective con l’agenzia investigativa in California, ex-Marine pluridecorato nella guerra del golfo e in quella in Afghanistan, sapendo quanto amo i cani e le bestiole in generale, mi invitò a una commemorazione di un cane soldato caduto in combattimento. Declinai l’invito dicendogli che non parlavo abbastanza fluentemente l’inglese per poter insultare adeguatamente tutti i vigliacconi presenti alla cerimonia. Militari professionisti che, seppur armati fino ai denti e corazzati come portaerei, preferiscono mandare in avanscoperta un povero cane armato solamente dei suoi denti e della sua lealtà malriposta nel genere umano. Il mio amico non comprese tutto il mio odio per l’impiego dei cani in guerra, ma oggi ha dovuto riconoscere che i cani soldato abbandonati a Kabul dall’esercito americano svelano tutto lo schifo dell’impiego di cani d’assalto utilizzati dai militari e dalla polizia. In realtà io non credo che li abbiano abbandonati, per mero interesse economico: la selezione e l’addestramento di questi cani hanno costi altissimi. Tuttavia resta lo schivo dell’impiego degli animali in guerra.

          Quando avevo aperto la mia prima agenzia investigativa Octopus a Bergamo, capitavano talvolta in ufficio persone con evidenti disturbi mentali. Per proteggere i collaboratori dell’agenzia investigativa in mia assenza presi un cane dobermann maschio che chiamai Clyde, avendo in mente di procurargli presto una Bonnie.

Devo ammettere che allora sapevo poco o niente sui cani e feci tutti gli errori possibili con questa creatura: lo mandai in un centro di addestramento per la guardia e la difesa, dove subì alcuni abusi (di cui ci accorgemmo tardivamente) e soprattutto soffrì inutilmente il distacco da me e da mia moglie. Quando tornò dal “maledetto collegio”, mia moglie, negli orari di chiusura dell’agenzia investigativa Octopus di Milano, lo accompagnava personalmente a seguire un corso di difesa.

Lui, il cagnone, tutto sommato si divertiva, perché era con la sua “mamma” adottiva, ma ci siamo subito resi conto che non veniva addestrato alla difesa, bensì al suicidio sacrificale a beneficio del padrone. Il cane d’assalto o da difesa (o come lo volete chiamare) non può essere addestrato a una vera e propria arte marziale, impara solamente a lanciarsi sul suo obbiettivo e a morderlo con forza. Ciò significa che molto probabilmente morirà se si scontra con una persona armata, sufficientemente aitante, che non ha paura dei cani e non si lascia impressionare dal loro latrato né dai loro denti.

          Da allora ho tentato di porre rimedio adottando cani e altre bestiole abbandonate. E gli unici cani cui affido la protezione mia, dei miei affetti, dei collaboratori e dei clienti dell’agenzia investigativa Octopus sono quelli delle mie pistole.

          Tornando alla disastrosa ritirata dall’Afghanistan: non credo sia possibile che ciascun militare, cui era stato assegnato il proprio cane d’assalto, non abbia riportato in patria il proprio schiavo (perché è proprio da schiavi che trattiamo gli animali). Tuttavia ciò non è avvenuto per senso di lealtà ma per mero interesse economico.