Gaia Tortora ha scritto un libro sul clamoroso caso di malagiustizia che ha investito il padre Enzo e tutta la sua famiglia.

Da investigatore privato, titolare della agenzia investigativa Octopus e abilitato alle indagini penali difensive, vedo ancora oggi tanta approssimazione nelle indagini di polizia giudiziariae nell’amministrazione della Giustizia penale.
Da investigatore privato, titolare della agenzia investigativa Octopus e abilitato alle indagini penali difensive, vedo ancora oggi tanta approssimazione nelle indagini di polizia giudiziaria
e nell’amministrazione della Giustizia penale.

In questi giorni si ricorda la barbarie giudiziaria subita da Enzo Tortora, perché la figlia Gaia Tortora ha scritto un libro pubblicato da Mondadori, intitolato “Testa alta, e avanti” sul clamoroso caso di malagiustizia.

         Enzo Tortora fu arrestato alle quattro del mattino il 17 giugno 1983 con l’accusa di associazione camorristica e traffico di droga. Il suo calvario giudiziario durò quattro anni sino al 1987, quando finalmente la Corte di Cassazione lo assolse definitivamente dalle accuse.

         Appresi la notizia dell’arresto il giorno successivo al 17 giugno, durante un pedinamento che stavo svolgendo per un’agenzia investigativa di Milano. Era una sorveglianza che durava tutta la giornata da diverse settimane e durante gli interminabili appostamenti tra un pedinamento e l’altro ascoltavamo alla radio le incredibili accuse, che da investigatore privato collaboratore non potevamo ancora sapere quanto fossero ridicole, ma già temevo per Enzo Tortora.

Lavorando per un’agenzia investigativa che si occupava di criminalistica, conoscevo il malcostume di molte Procure di arrestare e poi interrogare, magari dopo mesi di carcerazione preventiva. Avevo visto coi miei occhi alcuni magistrati arrestare tutte le persone presenti nell’agendina telefonica di un imputato pur di non lasciarsi sfuggire i complici; peccato che finivano in galera decine di innocenti come il suo idraulico, il suo parrucchiere, amici che non vedeva da anni.

         Come investigatore privato, sebbene non fossi ancora titolare di una mia agenzia investigativa, avevo conosciuto Pubblici Ministeri che (con la complicità di Ufficiali di Polizia Giudiziaria inetti e indolenti) invece di fare banali accertamenti anagrafici sul catturando, arrestavano tutti i suoi omonimi innocenti per non lasciarsi sfuggire il vero colpevole.

         La vergogna non è l’errore giudiziario in sé ma la supponenza con cui lavorano ancora oggi molti inquirenti dello Stato, non affatto selezionati né professionalizzati da carriere assicurate e da una pressoché totale impunità. Lo testimoniano numerosi errori giudiziari che avrebbero potuto essere evitati con un minimo di scrupolo e un po’ di attenzione.

         Da investigatore privato, titolare della agenzia investigativa Octopus e abilitato alle indagini penali difensive, vedo ancora oggi tanta approssimazione nelle indagini di polizia giudiziaria e nell’amministrazione della Giustizia penale, Per non parlare dei giornalisti italiani che tengono bordone a tanta desolazione giudiziaria senza alcuna capacità critica e investigativa.

La Giustizia penale andrebbe riformata seriamente (non come ha fatto Cartabia), partendo da un maggior equilibrio tra Difesa e Accusa, e responsabilizzando quest’ultima almeno dal punto di vista civilistico