Il polverone mediatico attorno al suicidio di Giovanna Pedretti fa paventare una deriva mentale dell’intera umanità.

 

L’abitudine di perseguire solamente i reati di moda e discriminare le vittime illustri da quelle anonime è un malcostume che risale agli albori della stampa e con cui ho troppo spesso a che fare, da investigatore privato e titolare della mia agenzia investigativa Octopus di Cassano d’Adda.
L’abitudine di perseguire solamente i reati di moda e discriminare le vittime illustri da quelle anonime è un malcostume che risale agli albori della stampa e con cui ho troppo spesso a che fare, da investigatore privato e titolare della mia agenzia investigativa Octopus di Cassano d’Adda.

Ogni anno si rivolge alla mia agenzia investigativa Octopus qualche parente di morto suicida. Ciò che lo spinge a rivolgersi a un investigatore privato è la difficoltà a rassegnarsi al tragico evento. Sono incarichi che nella quasi totalità dei casi consistono nella ricostruzione dei fatti in ottica consolatoria per i clienti dell’agenzia investigativa. Al di là delle condizioni psicologiche del suicida, tutti i suicidi hanno in comune due fattori: la familiarità (chi si suicida spesso ha avuto suicidi in famiglia) e l’imprevedibilità (quando la persona a rischio suicidio sembra aver finalmente raggiunto un equilibrio, in realtà sta solo vedendo una via di fuga nella morte).

         Da investigatore privato sono abituato ad avere a che fare coi suicidi non solamente per motivi professionali, molti anni fa un detective privato della mia prima agenzia investigativa Octopus si suicidò per amore e recentemente un mio cliente non ha retto i tradimenti della moglie.

Purtroppo i suicidi sono tra le prime cause di morti violente nel mondo. Tuttavia il polverone mediatico sulla povera Signora Giovanna Pedretti, titolare del ristorante Le Vignole di Sant’Angelo Lodigiano, suicidatasi nel fiume Lambro, ha qualcosa di surreale, che fa paventare una deriva mentale dell’intera umanità.

         Oramai, è risaputo, i social hanno sostituito il “bar degli amici”. Come avveniva al bar anche sui social capita d’incontrare “cazzari” (ammesso e non concesso che la vicenda della recensione sulla Pizzeria Le Vignole sia stata inventata). Tuttavia, rispetto al bar internet amplifica la “sparata” e attira un numero spropositato di nullafacenti criticoni in cerca di notorietà e predisposti alla rissa, ancorché mediatica. Fin qui tutto normale. È persino normale che tra i criticoni ci sia stata una come Servaggia Lucarelli, che adesso è nella bufera da lei stessa sollevata. Quando i social erano i bar, al terzo grappino gli animi si infervoravano, creando fazioni e frange più o meno violente e stupide. Il vantaggio del bar consisteva nel fatto che tutto finiva una volta tornati a casa e smaltiti i fumi dell’alcol, coi social è tutto più dilatato.

         Il vero paradosso sta nel fatto che da molti giorni si discuta della vicenda, persino in televisione e perfettamente sobri, addossandosi reciprocamente la colpa del suicidio. È paradossale anche che i Carabinieri di Sant’Angelo Lodigiano abbiano interrogato la Sig.ra Giovanna per dovere di servizio, ipotizzando un qualche reato figlio del politically correct importato dagli Stati Uniti. Ma io penso soprattutto per la gloria: in Italia le Autorità danno una ingiusta priorità alle vicende da cui possono ottenere visibilità. Purtroppo l’abitudine di perseguire solamente i reati di moda e discriminare le vittime illustri da quelle anonime è un malcostume che risale agli albori della stampa e con cui personalmente ho troppo spesso a che fare, da investigatore privato autorizzato alle indagini penali difensive e titolare della mia agenzia investigativa Octopus di Cassano d’Adda.