Cosa sono il Sistema D’Indagine SDI e il C.E.D.: la loro storia dal punto di vista di un investigatore privato.

Quando iniziai la mia carriera di detective privato non esisteva ancora alcuna piattaforma informatica del Ministero. In questo articolo parlerò di come nascono il C.E.D. e il Sistema D'Indagine.

Quando iniziai la mia carriera di detective privato, collaborando per una agenzia investigativa di Milano, non esisteva ancora alcuna piattaforma informatica del Ministero da interrogare per sapere se qualcuno aveva “precedenti di polizia”.

Per precedenti di polizia s’intendono tutte quelle volte che si è incappati in un’indagine di polizia giudiziaria, anche da semplici denunciati o indagati, senza essere accusati formalmente o processati.

Già all’epoca qualcuno proponeva di cancellare i precedenti di polizia dopo un ragionevole lasso di tempo, ma l’Autorità giudiziaria ha sempre protetto i suoi schedari.

Un mio amico poliziotto mi raccontò che gli archivisti tiravano un tratto di penna sulle annotazioni datate e meno rilevanti in modo da accontentare formalmente chi ne promulgava la cancellazione, ma nello stesso tempo lasciandoli leggibili agli inquirenti.

Ci sono voluti circa quarant’anni per rendere cancellabili i precedenti di polizia dopo vent’anni dalla loro annotazione, anche se non sono convinto che vengano cancellati tutti e completamente.

L’utilità dei precedenti di polizia è ovvia, sebbene criticata da molti utopici garantisti: come può la polizia giudiziaria riuscire a identificare l’autore di un reato, se non è in grado di verificare quante e quali persone hanno già commesso quel particolare crimine.

Spesso, i precedenti di polizia indicano con precisione il colpevole attraverso il suo modus operandi.

Altro discorso sono i precedenti penali che riguardano le condanne di una persona e che, se molto datate o scarsamente rilevanti, non è giusto che compaiano nel Certificato Penale, richiesto da alcune aziende in fase di assunzione.

Infatti, la Legge prevede che, passati due o tre anni, dalla pena scontata per un determinato reato, si abbia diritto all’oblio (gli anni diventano otto, se si tratta di reato reiterato e 10, quando si tratta di delinquente abituale).

Lo stesso diritto all’oblio si ha nel caso di “carichi pendenti”, ovverossia imputazioni, mai processate e terminate con un’archiviazione.

Dopo il mio primo anno come investigatore privato, nel 1981, fu istituito il C.E.D. Centro Elaborazioni Dati che raccoglieva tutti i precedenti di polizia.

Il già ricco mercato di compravendita d’informazioni riservate ebbe un’impennata.

Ho già raccontato in altri miei scritti di come il C.E.D. fosse un colabrodo: alcuni privati riuscivano addirittura a consultarlo dall’esterno in barba alle password e si misero in affari, rivendendo i precedenti di polizia a detective privati e giornalisti.

Con l’istituzione della figura dell’investigatore privato autorizzato alle indagini penali, la principale associazione di categoria chiese all’allora Ministro della Giustizia Giuliano Vassalli di consentire ai detective privati penalisti la consultazione del C.E.D. in casi particolari.

Il Ministro non volle neppure discutere l’eventualità, poiché spiegò che si trattava di dati molto particolari, la cui riservatezza poteva essere garantita solamente dai servitori dello Stato.

La spiegazione dell’On. Vassalli fece sorridere la maggior parte di noi titolari di licenza investigativa; all’epoca avevo fondato da cinque anni la mia prima agenzia investigativa a Bergamo, Investigazioni Octopus, e venivo regolarmente contattato da “servitori dello Stato” che, per arrotondare, mi proponevano d’acquistare da loro precedenti di polizia e altre informazioni riservate.

Anche se l’archivio era un colabrodo, lentamente veniva reso sempre più impenetrabile: il primo passo fu di mettere una sorta di allerta sui criminali latitanti.

Un mio amico Carabiniere mi raccontò divertito, che, dopo aver arrestato un latitante, un suo collega infervorato dal successo e fantasticando di arrestare anche l’allora ricercato Totò Riina, lo digitò nel Sistema D’Indagine.

Arrivò immediatamente una telefonata da Roma che chiedeva conto della consultazione e alle farfugliate giustificazioni dei Militi, un saccente ispettore della Criminalpol disse loro di lasciar fare ai veri poliziotti per quanto riguardava la caccia a Riina.

Più tardi fu introdotta una bella pensata con ‘Sirene’: in pratica, se un poliziotto consulta un nominativo durante le sue indagini viene avvisato di tutti i colleghi che si stanno occupando dello stesso criminale e a sua volta avvisa tutti gli altri interessati al caso, affinché si possano mettere in contatto tra loro per evitare sovrapposizioni nelle indagini e unire gli sforzi investigativi.

Questo formidabile sistema mise e tutt’ora mette ancora più in difficoltà i “servitori dello Stato infedeli”, poiché ad ogni consultazione abusiva, poteva seguire la telefonata di un collega che ti chiedeva di collaborare alle indagini.

Intorno al 2005 fui contattato da persone che mi proposero l’acquisto, come fossero cocomeri, di informazioni riservate di polizia e tabulati telefonici. Rifiutai e predissi che, per come pubblicizzavano i loro servizi, sarebbero stati arrestati entro pochi mesi o al massimo un anno.

Infatti, nel 2006 scoppiò lo scandalo Telecom con Tavaroli e compagnia bella.

D’altra parte, sin da quando ero un collaboratore di un’agenzia investigativa di Milano mi ero accorto che c’erano fonti molto più potenti e legali della consultazione del Centro Elaborazione Dati del Ministero.

L’ultimo caso di dossieraggio da parte di un’agenzia investigativa milanese e il parere di un investigatore privato.

Penso che il traffico d’informazioni ottenute illegalmente non si fermerà mai. Infatti, lo dimostra la recente vicenda dell’ex commissario di polizia Carmine Gallo, accusato di dossieraggio e accesso abusivo a sistemi informatici insieme a Nunzio Samuele Calamucci, Enrico Pazzali e altri.

Se notate c’è una dissonanza cognitiva nei racconti dei giornalisti che sciorinano cifre impressionanti su spioni e spiati, quantificando questi ultimi in oltre 800 nominativi, allo scopo di scioccare lo spettabile pubblico e tenerlo incollato ai loro portali o programmi TV o giornali, per la gioia dell’editore.

Eppure, sono gli stessi giornalisti a svelare dettagli sulle malefatte dell’agenzia investigativa Milanese, coinvolgendo persone terze innocenti e svelando dati ben più sensibili di qualsiasi precedente di polizia.

Da chi e come vengono fatte fuoriuscire tutte le informazioni coperte da segreto istruttorio che i media ci propinano impunemente ogni giorno?

A me sembra calzi a pennello il detto del bue che dà del cornuto all’asino.

D’altra parte, devo riconoscere che, al netto di tutte le inchieste giornalistiche fasulle e i processi basati sul nulla, se non ci fosse fuga di notizie dalle Procure non avremmo mai conosciuto i vergognosi retroscena di molti malandrini.

Secondo me Carmine Gallo è semplicemente un ex-superpoliziotto, tuttavia mediocre come investigatore privato, perché orfano del distintivo.

Molti ex appartenenti alle Forze di Polizia in pensione si rivolgono alla mia agenzia investigativa Octopus di Cassano d’Adda per collaborare come detective privati, ma la maggior parte di essi non riescono a togliersi di dosso la divisa e a riporre il distintivo. Non comprendono che tra investigatore privato e istituzionale c’è una profonda differenza operativa. Evidentemente Gallo in trent’anni di carriera in Polizia era diventato SDI-dipendente.

800 accessi abusivi allo SDI del Ministero significano scarsa fantasia e poche conoscenze su metodi alternativi per arrivare alle stesse informazioni, persino più accurate e in modo legale.

L’idea, poi, di creare un archivio è ancora più strampalata. Può darsi che molti accessi siano stati fatti per mera curiosità, sottovalutando i rischi, o che qualcuno avesse pensato di scaricare a tappetto svariati nominativi per conservarli all’occorrenza, senza pensare alla “scadenza” di quelle informazioni riservate.

La dissonanza cognitiva dei giornalisti è spiegata dalla solita mentalità da giornalai interessati esclusivamente a vendere copie, rimane un mistero come nessun politico si stia scandalizzando per il processo mediatico sulle presunte malefatte di Gallo.

Anzi no, dimenticavo: si è già visto come certe nostre italiche caste sono capaci d’infuriarsi quando vengono appena sfiorate dagli investigatori privati.

Mi viene in mente una belluina e compatta reazione di tutta la nostra classe politica, quando negli anni ‘70 un famoso detective privato mise sotto controllo alcuni telefoni di politici e faccendieri italiani per documentare la corruzione dilagante.

All’epoca le intercettazioni telefoniche e ambientali non erano proibite, eppure la nostra classe politica, divisa su tutto, varò unanime in poche ore leggi anti-intercettazioni con effetto retroattivo e diede il via a una vergognosa inquisizione presso tutte le agenzie investigative.

Gli intenti del famoso detective non erano certamente nobili, ma i nostri politici si preoccupavano soprattutto del fatto che sarebbe potuta scoppiare una “mani pulite ante litteram”.