La seconda inchiesta sul delitto di Garlasco: una fotocopia della prima?

Sono state riaperte le indagini sul delitto di Garlasco e da investigatore privato criminalista mi pongo due domande: dove ci porterà tutto questo chaos mediatico? Avremo una risposta definitiva?

Quando sono state riaperte le indagini sul delitto di Garlasco da investigatore privato criminalista avevo un forte presentimento che sarebbe finita in bagarre, producendo solamente altro fango mediatico e senza portare ad alcuna concreta svolta, rimedio significativo e riparatore del gran pasticciaccio che è stata la condanna di Alberto Stasi.

Purtroppo, ho capito che non mi sbagliavo in questi ultimi giorni, quando i giornalisti hanno sbragato, facendo scempio della discrezione e del segreto istruttorio, ma soprattutto della verità, cui dovrebbe ispirarsi il giornalismo serio. Tra tutti i giornalisti i meno peggio si sono dimostrate Le Iene; tuttavia è triste vedere come si è riattivato senza remore e rimorsi il vergognoso carrozzone mediatico che dovette subire Alberto Stasi prima e durante i suoi processi.

Prima regola del criminalista: TENERE ALLA LARGA LA STAMPA DAL CASO.

Se da un lato è comprensibile che gli editori inseguano più le copie vendute che la verità dei fatti e che i giornalisti siano vittima del proprio “ego mediatico”, cosa c’è di difficile da capire nel principio investigativo di tenere alla larga la stampa durante le indagini criminalistiche?

In realtà è un principio semplice da capire e facilmente applicabile con un po' di attenzione; tuttavia, ogni volta che da investigatore privato penalista mi sono occupato di delitti (dalla parte degli indagati o delle vittime) ho spesso incontrato molti, troppi inquirenti istituzionali più interessati alle ribalte mediatiche e alla carriera che alla soluzione reale del caso. Durante le mie indagini da detective privato criminalista incontro sempre più spesso inquirenti che si convincono di un colpevole, affidandosi al loro presunto “sesto senso”, e poi costruiscono il loro castello accusatorio contro di lui. E ciò è molto triste per la nostra Giustizia.

Del resto, al di là della pochezza di certi singoli magistrati e inquirenti istituzionali, cosa ti puoi aspettare da un sistema giudiziario che, disonorando il sacrosanto principio di preferire un colpevole libero piuttosto che un innocente in galera, non è in grado di fermarsi di fronte all’assenza di prove o alla mancanza di indizi numerosi, concordanti, gravi e precisi? Come puoi avere fiducia in un sistema giudiziario che non è in grado di rispettare il salvifico confine tracciato dal ragionevole dubbio?

La prima regola che ho imparato da investigatore privato criminalista è quella di proteggere i miei Clienti dal circo mediatico di certi giornalisti da strapazzo.

La prima regola che ho imparato da investigatore privato criminalista è quella di proteggere i miei Clienti dal circo mediatico di certi giornalisti da strapazzo.

Andrea Sempio sarà la nuova vittima di giustizia e giornalismo da strapazzo?

Andrea Sempio, amico del fratello della povera Chiara Poggi, è indagato sulla base di alcuni elementi, che nella bagarre mediatica non sono in grado di classificare come “prove” o “indizi” e valutare nella loro giusta gravità, ma che visti tutti insieme fanno pensare male:

Traccia n° 33 di una mano sulla parete delle scale.

Un mio caro amico della Polizia Scientifica, del quale fui per anni antagonista in qualità di investigatore privato incaricato dagli avvocati difensori dei suoi indagati, mi raccontò di aver risolto un caso sulla base di una foto scattata ad un’impronta nell’immediatezza del delitto e risultata determinante solamente in un secondo tempo, alla luce di nuove informazioni. Tuttavia le “minuzie coincidenti” delle impronte digitali o palmari non si possono moltiplicare negli anni. Se la “traccia 33” è stata giudicata inutile dal dattiloscopista dei RIS nel 2007, perché sprovvista di sufficienti caratteristiche distintive utili al confronto, dubito che vi possa essere una nuova tecnica di comparazione, anche perché il materiale raccolto sulla scena del crimine di Garlasco è cristallizzato nel metodo e nella tecnica di rilievo alla data di repertamento. Sapendo quanto sia difficile e complesso il lavoro del dattiloscopista, non vorrei che i “15 punti di contatto riscontrati grazie a nuove potenzialità delle tecniche a disposizione, sia hardware che software”, si riducano a un impiego sopravvalutato della tanto decantata Intelligenza Artificiale.

In Italia devono essere almeno 16/17 le minuzie delle creste papillari coincidenti tra impronta sulla scena del crimine e mano dell’assassino per inchiodare quest’ultimo alle sue responsabilità. Inoltre, mi sembra di ricordare che l’impronta non fosse imbrattata di sangue e Andrea Sempio frequentava abitualmente casa Poggi per via della sua amicizia col fratello della vittima.

DNA estrapolato da sotto le unghie della povera Chiara Poggi.

Si, è vero, il DNA permette ogni giorno di risolvere delitti rimasti senza colpevole, tuttavia, al contrario della dattiloscopia, la genetica è una scienza forense relativamente giovane e maggiormente esposta al rischio di errori e forzature.

Scontrino del parcheggio di Vigevano.

Questo aspetto è abbastanza inquietante: gli inquirenti trovano sospetto, quasi un indizio di colpevolezza, il fatto che un possibile indagato abbia un alibi e che lo abbia conservato. Ovviamente, nell’immediatezza del fatto nessuno degli inquirenti si era preoccupato di verificare più in dettaglio gli spostamenti di Sempio all’ora del delitto, ma adesso vedono malafede e contraddizioni ad ogni “non ricordo” dell’indagato.

“Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”

la frase mai detta da Paola, una delle cugine Cappa, eppur tuttavia riportata dai giornalisti imboccati dalla Procura non fa sperar bene sullo spessore della nuova inchiesta. Non posso fare a meno di pensare a numerosi Clienti della mia agenzia investigativa Octopus, incastrati da trascrizioni sbagliate d’intercettazioni telefoniche o ambientali.

Bigliettini gettati via in cui Sempio avrebbe scritto d’aver fatto cose terribili.

Ancora più preoccupante è assistere alla demonizzazione di Sempio sulla base della mera e libera interpretazione di suoi appunti, senza che questi vengano contestualizzati. Purtroppo si tratta di un’aberrante prassi molto diffusa negli ambienti giudiziari e giornalistici.

I due grandi errori dell’indagato: sbagliare avvocati e dire le bugie.

Se menti a un vecchio maresciallo della giudiziaria, navigato ed esperto, questi cercherà di capire il motivo delle tue bugie e se dipenda dal tuo coinvolgimento diretto nel delitto su cui sta indagando, se menti a un inquirente inesperto o inetto questi sarà più offeso che curioso di scoprire il reale motivo della bugia e inizierà a perseguitarti. La mia agenzia investigativa Octopus si è occupata di numerosi casi in cui mentire all’Autorità e soprattutto ai magistrati è stato letale per i miei Clienti.

Andrea Sempio non si è presentato all’interrogatorio coi magistrati, perché nella convocazione mancava l’avvertenza di accompagnamento coatto in caso di diniego. Secondo me gli avvocati hanno mal consigliato il loro cliente di non presentarsi, quando avrebbe potuto semplicemente sostenere il confronto facendo appello agli anni trascorsi e a problemi di memoria.

Una volta un grosso avvocato penalista, con cui collabora la mia agenzia investigativa Octopus, mi disse che “molti magistrati sono come dei bambini permalosi con un potere e un ego smisurato”, la mossa di non presentarsi all’interrogatorio da parte di Andrea Sempio mi sembra perfetta per scatenarne i capricci.

Talvolta mentire agli inquirenti, anche se marginalmente  e su fatti non connessi al delitto, è l’inizio della propria auto-incriminazione.

Talvolta mentire agli inquirenti, anche se marginalmente e su fatti non connessi al delitto, è l’inizio della propria auto-incriminazione.